Siamo in un’epoca che riscopre l’oriente e la sue pratiche, che promettono equilibrio interiore e benessere mentale. Tra queste ce n’è una che meditazione vera non è che si chiama mindfulness ovvero consapevolezza (tradotto dall’inglese mindful significa “consapevole”). Le origini si perdono in quella che ora è la Birmania, però più di 2000 anni fa. Si trovano soprattutto nel Buddismo, molto attuale nella sua applicazione. Questo fa si che ci potrebbe portare a ricordare, magari, qualcosa che si è dimenticato nel tempo.
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Un po’ di storia…
La pratica della mindfulness trae origini da pratiche originariamente utilizzate dai monaci tibetani, per loro natura inclini a pratiche meditative o di interiorizzazione. La meditazione che praticavano era la meditazione Vipassana.
Un biologo appassionato di pratiche meditative, Jon Kabat-Zinn, incuriosito dai suoi aspetti positivi, ha deciso di studiarne gli effetti delle sue metodiche creando un vero e proprio protocollo sperimentale a cui si sono ispirati ed hanno aderito altri clinici e ricercatori.
All’inizio trattava la gestione dello stress, poi il suo campo si è esteso ad altri fattori ad esempio quello dell’alimentazione.
Cosa significa mindfulness?
La parola mindfulness come detto nell’introduzione, significa consapevolezza, deriva dalla parola sati in lingua Pali, lingua liturgica buddista.
Praticamente significa vivere il momento presente senza perdersi con la mente o reagire alle esperienze negative. Oppure come dice lo stesso Kabat-Zinn “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente ed in modo non giudicante”.
Mindfulness e naturale istinto umano
Quante volte ci capita di provare sensazioni negative nella vita? Spesso.
La nostra natura umana ci porta a cercare di evitare il dolore, a metterlo da parte, a reagire cercando di sopperire allo stesso in modalità “non vedo, non sento, non percepisco quindi non c’è”.
Utilizziamo questo schema parecchie volte nella nostra giornata, in modo inconsapevole, ma questo diventa un circolo vizioso nel quale perdiamo l’allenamento al vivere stesso.
C’è una bella differenza tra guardare e vedere, tra ascoltare e sentire. Noi spesso ci priviamo delle sensazioni, ne abbiamo paura temiamo il dolore psicofisico.
Quante volte alla vista di qualcosa di negativo chiudiamo gli occhi? Dovesse essere una scheggia sì è un istinto positivo per proteggere gli occhi, nel caso in cui invece quel qualcosa fosse un pensiero oppure un’emozione lì è il nostro istinto, sebbene da noi stessi inconsciamente pilotato, a farceli chiudere e sarebbe un istinto negativo. La ricerca ha dimostrato che reagire cercando di evitare le esperienze interiori le intensifica invece che gestirle, perché litigandoci contro le rendiamo più forti e gli diamo più attenzione.
Facciamo lo stesso coi rumori. Se siamo su una pista di formula uno, sul posto di lavoro e ci chiudiamo le orecchie per proteggere il timpano allora l’istinto è positivamente protettivo. Quando, invece, ascoltando una canzone che ci fa ricordare un dolore, con la mente smettiamo di “ascoltarla” oppure quando riceviamo un no, una fine di una storia e dentro di noi ci autocreiamo un suono confuso per non sentire quelle parole, allora l’istinto è negativo.
Spesso poi riaffiorano in noi i ricordi e le sensazioni negative del passato, cose che abbiamo rimosso perché dolorose e noi cosa facciamo? Le ributtiamo via, cerchiamo di evitarle, come se il rimandarne l’approfondimento fosse utile. Invece così facendo alimentiamo una guerra contro di noi senza fine, perché riaffioreranno sempre. La mente è come un liquido. La legge di Archimede ci dice che ogni corpo immerso in acqua riceve una spinta uguale e contraria che lo spinge verso l’alto. Ogni volta che cerchiamo di spingere via qualche esperienza mentale che non ci piace, questa ci ritorna indietro con la stessa forza.
Dobbiamo fare pace col passato senza archiviarlo ma renderlo nostro oggi, questo perché negarci il dolore ed il passato ci allontana sempre più dal nostro presente.
I sette principi della mindfulness
La pratica della mindfulness serve a portare maggiore consapevolezza. La consapevolezza però nasce e si sviluppa solo sotto alcune condizioni. Come un giardino fiorisce solo se vengono rispettate alcune condizioni. Questi principi base, i quali non sono altro che semplici approcci diversi alla vita quotidiana. Nulla di complesso, basta solo un po’ di costanza nel seguirli. Non dobbiamo cambiare il nostro modo di essere, a volte basta solamente cambiare atteggiamento nei confronti delle nostre esperienze.
1) Non giudizio
Non appena pensiamo la nostra mente ci porta ad emettere un giudizio. Il nostro stesso pensiero è spesso un giudizio. Essere giudici ci porta ad essere appesantiti ed a vivere la nostra stessa mente come un peso. Spesso torniamo a questo nostro pensiero, lo rimuginiamo, lo rendiamo “partecipe” anche di ore del nostro quotidiano. Ci stressiamo inutilmente. La mindfulness ci porta a vivere il nostro pensiero solo con occhi osservanti e più liberi di viverlo.
2) Pazienza
Il nostro vivere attuale ci porta a volere tutto e subito, la velocità è ovunque, sul lavoro, sulla strada, nei cibi pronti e in viaggio.
La stessa cosa accade con noi. Quando stiamo passando un momento difficile vogliamo che passi in fretta, nulla di sbagliato in questo, ma questa fretta ci porta a cercare soluzioni talvolta anche sbagliate o ci arrovelliamo nella ricerca di risposte che non ci sono.
Quando iniziamo ad imparare qualcosa vorremmo impararla subito, magari ci chiudiamo in camera stancando la mente inutilmente, perdiamo parte di vita là fuori ed alla fine, stressati ci sentiamo sconfitti perché non è servito a nulla.
In entrambi i casi ed in tutte le altre situazioni che viviamo con apprensione basterebbe avere pazienza. Le cose si sviluppano in base al tempo ed il tempo non lo gestiamo noi, poi il nostro corpo e la nostra mente sono adattabili alle situazioni. Baste avere un po’ di pazienza, anche se non è semplice e tutto si risolve. La mente è duttile e malleabile e quindi si adatta col tempo, basta che noi per primi diamo alla mente il tempo di farlo.
La pazienza è alla base della saggezza e, seguendo la mindfulness, possiamo apprenderla e conquistarla. Non sarà semplice e sarà graduale, ma è possibile e praticabile, spesso ci toccherà tornare indietro non sentiamoci falliti ed il bello è che abbiamo una vita intera per provarci.
3) Mente dell’allievo
Dovremmo vivere anche nell’età adulta con gli occhi di un bambino. Il loro vivere tutto con curiosità, con spontaneità e con l’approccio di un eterno Indiana Jones senza i limiti che la maturità ci ha regalato.
4) Fiducia
E’ strettamente legata al discorso della pazienza, forse è anche più difficile da mantenere, dobbiamo imparare a fidarci di noi, a riconoscere le nostre capacità. Non so una cosa ma so che devo avere pazienza, perché la imparerò e la imparerò perché la mia mente è elastica e la posso cambiare. Lo stesso discorso per le cose negative. So che le risolverò perché col tempo troverò la soluzione in quanto ho le capacità per cambiarle.
5) Smettere di cercare risultati
Spesso, se non sempre, quando pratichiamo vogliamo risultati subito e la nostra mente ci porta a volerne trovare una soluzione immediata peggiorando la situazione. Ci arrovelliamo per soddisfare il nostro desiderio di risultati a tutti i costi, ci appesantiamo di stress inutili (spesso il risultato non dipende da noi) e ci chiudiamo in questo pensiero.
Ci scordiamo che abbiamo anche una vita di cui dobbiamo cogliere gli aspetti, perdiamo attimi di amore, affetto, battiti di cuore, respiro e viviamo male. Se invece viviamo senza questa oppressione con fiducia e pazienza i risultati arriveranno più facilmente.
6) Accettare la realtà
Quando le cose non sono come le vorremmo proviamo in ogni modo a cambiarle. Certe cose fanno male ma se ci si concentra solo sul loro cambiamento alla fine non facciamo altro che stressarci. E’ importante invece vedere le cose per come sono, accettare la realtà. Spesso soffriamo non solo per la situazione in sé ma anche perché non la accettiamo. Se qualcosa non puoi cambiarlo, è inutile perderci tempo a rimuginarci sopra. Per imparare ad accettarla non possiamo basarci sul fattore teorico ma occorre avere un allenamento sul campo, con la pratica della mindfulness e con molta pazienza. Questo non farà altro che donarci un senso di liberazione.
7) Lasciare andare
Questo principio ci porta a vivere le sensazioni, le emozioni e le nostre esperienze al momento. Ne diventiamo osservatori istantanei senza filtri, per come sono in quel preciso istante. Così facendo ce ne preoccupiamo solo al momento evitandoci così preoccupazioni nei confronti del futuro, così facciamo in modo di renderle più leggere al punto da farle scivolare addosso.
Dopo i principi la pratica
Esistono due modi per allenarci nella pratica della mindfulness: la pratica formale e quella informale.
La pratica formale
la formalità dipende dal fatto che prendiamo con noi stessi un appuntamento quotidiano per fare esercizi specifici per almeno una ventina di minuti e, almeno all’inizio, usiamo una guida. Questa meditazione ci porta a mantenere l’attenzione su un’oggetto o una sensazione e fare solo quello. Solitamente si usa il respiro e il corpo e noi in questo caso ci concentriamo su di esso senza lasciarci né coinvolgere né distrarre da ciò che succede intorno a noi.
La pratica informale
In questo caso il momento di meditazione non è programmato ma si fa sul momento e ovunque. Lì la nostra attenzione deve essere diretta su quello che al momento ci succede. Mentre mangiamo possiamo ad esempio concentrarci sul sapore del cibo, sulla sua consistenza o temperatura. Possiamo concentrarci su delle immagini ascoltando le sensazioni che ci riportano, eventuali odori e rumori che ci evocano. Ogni momento e situazione possono fare al caso nostro.
Cosa non è mindfulness
Non è rilassamento: anche se a prima vista potrebbe sembrare, con le tecniche di rilassamento non ha nulla a che vedere, può rilassarci ma non è questo il nostro fine. Paradossalmente la ricerca del rilassamento a tutti costi ci agita di più. La mindfulness ci porta a trovare o ritrovare la sensazione di benessere psicofisico senza obbligatoriamente passare attraverso lo stato di distensione, che solitamente abbiamo durante la meditazione.
Non è fuga dalla realtà: sebbene a primo acchito siamo portati a pensare che il non preoccuparci delle cose sia un non volerci pensare o un non prenderci delle responsabilità la mindfulness non è nulla di ciò. Avere pazienza ed accettare la realtà non significa che ce ne laviamo le mani, vuol solo dire che non ce ne lasciamo sopraffare. Non dobbiamo correre il rischio di vederla come la panacea a tutti mali del mondo né di viverla come un cestino in cui svuotiamo la mente dai nostri pensieri.
La mindfulness è sotto certi aspetti paradossale. Per vivere meglio ci porta ad imparare a soffrire il momento e ad essere consapevoli della realtà. Se noi invece impariamo a vivere sul momento il nostro disagio allora sì che ce ne liberiamo, impariamo a lasciarlo andare ma anche ad affrontarlo e, infine, ce ne liberiamo. Seguiamo i sette principi ed applichiamoci nelle due modalità della pratica della mindfulness per essere più consapevoli di noi e di ciò che viviamo.