Sempre più spesso, quando si apprende dalla tv o dai giornali di casi di cronaca nera, si fa riferimento all’ormai famigerato test del Dna: una realtà di cui parlano in molti ma che, a ben vedere, è conosciuta da pochi. Nato nella seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso in Gran Bretagna, il test del Dna viene considerato una prova fondamentale per la risoluzione di casi di polizia irrisolti e di misteri in virtù della sua capacità di individuare in maniera non contestabile un’uguaglianza fra due o più profili genetici che sono posti a confronto gli uni con gli altri. Il test può essere adoperato, per esempio, per identificare un presunto omicida, ma anche per riconoscere una paternità o una maternità. Non solo: vi si può ricorrere anche per assegnare un nome a un reperto antico, per individuare i discendenti di una certa popolazione o per stabilire se una persona è portatrice di una certa malattia genetica.
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Le basi azotate
Il presupposto di partenza di tale test va individuato nel fatto che tutte le cellule del nostro organismo hanno in comune lo stesso Dna. L’analisi dna caratterizza la sequenza della citosina, della guanina, della timina e dell’adenina, che – come noto – sono le basi azotate del Dna e sono quelle che permettono di distinguere le persone tra loro. Il fatto che tutte le nostre cellule siano contraddistinte dal medesimo corredo genomico implica che il test può essere eseguito a partire da qualsiasi parte del corpo. Il corredo è distribuito in 46 cromosomi che, eccezion fatta per il cromosoma X e il cromosoma Y, che sono quelli sessuali, sono uguali a coppie. Nel caso in cui venga messo a confronto il Dna di un cromosoma di una persona con il Dna di un cromosoma di un’altra persona, in media si può riscontrare una differenza ogni mille basi. Il livello di diversità è sempre più significativo quanto meno le due persone sono imparentate.
Il test del Dna o i test del Dna?
Quasi sempre si sente parlare del test del Dna, ma sarebbe più corretto menzionare i test del Dna, che sono più di uno: sono numerosi e si differenziano, come si può immaginare, in base al motivo per cui vengono utilizzati, e quindi alla risposta che devono dare. Nell’ambito della genetica forense attualmente si ricorre a un tipo di test grazie a cui vengono indagati i microsatelliti, che sono delle sequenze di Dna corte costituite da un certo numero di basi – da una a otto – che si ripetono per un certo numero di volte a coppie. La posizione sul Dna è la stessa per tutte le persone, ma le differenze tra un soggetto e l’altro riguardano il numero di ripetizioni, che assicura una sola impronta digitale.
La genetica medica e la genetica di popolazione
La genetica medica, invece, si basa su test del Dna diversi che vengono effettuati con lo scopo di studiare i geni e di verificare la presenza di specifiche mutazioni che causano varie patologie. Nell’ambito della genetica di popolazione, poi, ci si affida a esami del Dna che sono ulteriormente diversi, dal momento che consentono di indagare i marcatori di elezione che sono situati sul genoma mitocondriale e sul cromosoma Y, i quali sono trasmessi per via materna e per via paterna. In questo modo, attraverso la scomposizione della variabilità genetica degli esseri umani nella componente femminile e nella componente maschile si ha la possibilità di ricostruire la storia di una intera popolazione in modo più semplice.
La Polymerase Chain Reaction è la tecnica di biologia molecolare che ha consentito l’evoluzione e lo sviluppo dei test del Dna, poiché è capace di amplificare il Dna stesso.